
La Federazione di fronte ad un bivio. La parola ai protagonisti

La cartografia che vede il Prc sull’ipotesi di una presentazione alle elezioni autonoma dal Pd e degli altri partner orientati nell’altro senso va comunque corretta con una certa fluidità interna alle sigle: c’è una lettera di Valentini e Nocera del Prc che spezzano una lancia in direzione del centrosinistra e pezzi importanti del Pdci – visibili in piazza il 27 ottobre al No Monti day in disobbedienza alla linea del parito – più alcune voci come quella del coordinatore bolognese Raffaele K. Salinari che si battono per un’opzione di sinistra alternativa. "E’ comunque un tema europeo – sottolinea Massimo Rossi – quello del rapporto tra la sinistra antiliberista e gli ex partiti socialdemocratici".
Che ne sarà dunque di questa “cosa rossa” che doveva essere meno di un partito e più di un cartello elettorale? Rossi intravede una condizione da “separati in casa” viste le opzioni divaricanti. Gianpaolo Patta, di Lavoro-solidarietà, pensa che sia ora di "mettere in sonno la federazione", per riattivarla eventualmente in tempi migliori. Paolo Ferrero e Massimo Rossi chiedono un referendum tra gli iscritti, "per garantire – spiega il segretario di Rifondazione – che si determini una soluzione realmente condivisa e partecipata. Quello che fa Izquierda Unida". L’obiezione di Diliberto è che la sovranità "non può essere delegata agli iscritti di altri partiti". "Bisogna evitare che si disperda un patrimonio – avverte Ferrero – la Fds, nel tempo, è diventata una cosa vera". "Si lavora insieme su molte cose, ad esempio per i referendum sul lavoro, e i coordinamenti sono efficienti in buona parte dei territori", aggiunge Rossi sostenitore di un referendum che aumenterebbe l’integrazione tra i soci fondatori della Fds. Ma Patta e Salvi sono spediti già dall’estate su un’ipotesi di ordine del giorno sulle prossime scadenze elettorali che chiede un confronto serrato con Sel per andare insieme a trattare col Pd. "Manteniamo questo schema – dice Patta – prendendo atto che Vendola ha già scelto un rapprto diretto con Bersani ma rilanciando su un’idea di centrosinistra di governo". Ma a questo punto la Fds si spezza. "E’ chiaro che Rifondazione ci dirà di no e la federazione andrà in crisi. Entrare in una fase di “sonno”, di “coma farmacologico” può essere un modo di uscirne senza traumi". Eppure, se è vero che la Fds non è sbocciata come si sperava all’inizio, ossia non s’è ampliata al di fuori del perimetro segnato dai quattro partner, dei "segnali di autonomia dal Pd", come li chiama Ferrero , ci sono: il successo del No Monti day e le dichiarazioni di De Magistris per un listone alternativo con i movimenti sociali e la sinistra anticapitalista. Diliberto ha lenti diverse: "Il 27, secondo me, è stata la rottura del fronte referendario. Io sono per allargare, non per restringere il campo". Insomma anche lui è per inseguire un accordo, "non è detto che ci si riesca ma non vedo alternative ad un accordo col centrosinistra dopo che Di Pietro ha praticamente sciolto l’Idv per allearsi con Grillo e quella di De Magistris è solo un’opzione visto che lui non scenderà in campo". "Non rifacciamo l’errore dell’Arcobaleno – riprende Patta – cioè divorziare dal Pd. Gran parte della nostra gente ci vota se ci vede dentro uno schieramento". L’esempio siciliano – sebbene la sconfitta della lista Marano, della mancata lista Fava, pesi molto sul morale delle truppe – fa scuola fino a un certo punto perché lì il Pd ha già prefigurato l’alleanza organica con l’Udc dei cannoli. "La mia esperienza di amministratore pubblico – incalza Massimo Rossi – insegna che il margine di manovra col Pd s’è consumato da tempo. Per loro il governo Monti non è una parentesi e le stesse scelte vengono praticate a livello locale: tagli, privatizzazioni, liberalizzazioni, consumo di territorio, infrastrutture devastanti. O si sta dalla parte dei mercati o da quelle dei beni comuni e della democrazia".